Chi meglio di noi capisce la difficoltà di riuscire ad unire due modalità di trasporto sostenibile, caricando la propria bici – o RadioBici – su un treno? Un’iniziativa ha da tempo catturato la nostra attenzione: una petizione online lanciata da Sara Poluzzi ad inizio 2015. È una delle tantissime persone a fare uso dell’intermodalità dei trasporti: si arriva in una città in treno portando con sé la propria bici per potersi muovere inquinando il meno possibile e con una libertà che non sempre i mezzi pubblici concedono.
La situazione cambia moltissimo nelle varie stazioni italiane perché questo tipo di trasporti è delegato da Trenitalia alle singole regioni: se in Puglia questo servizio è gratuito, in Lombardia e in Sicilia ha un costo di 60 euro l’anno, in Emilia Romagna, dopo la revoca di un accordo FIAB-Trenitalia, i pendolari avrebbero dovuto pagare un supplemento giornaliero di 3,5 euro, per una spesa annua piuttosto ingente. Da qui, l’idea di Sara: una petizione online, sul sito www.change.org, per rendere omogenea a livello nazionale la possibilità di acquistare abbonamenti mensili ed annuali per il trasporto bici. I primi risultati sono arrivati in fretta: l’abbonamento annuale in Emilia Romagna grazie a questa iniziativa sarà ripristinato a 60 euro.
Ad oggi hanno risposto a questo appello 59.973 sostenitori, e il numero continuano a crescere. Perché allora sono così pochi i progetti legati a percorsi ciclabili, al cicloturismo e all’intermodalità “Bici+Treno”? Il problema non è economico: la Federazione Europea dei Ciclisti (ECF) ha calcolato che per il periodo 2014-2020 sono disponibili circa 6 miliardi di euro per finanziare progetti di ciclabilità. Ad oggi ne sono stati erogati poco più di 2 miliardi, di cui l’Italia detiene solo il 4%. I fondi dunque ci sarebbero, a mancare sono i progetti sui quali investirli.